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"…. Per comprendere de visu l'operazione di Piero Ardenghi, come si conviene a chi debba poi, nel bene e nel male, scriverne e descriverne la trama segnica e di colore senza farsi sorprendere dalla meraviglia tecnica, necessarissimo sarebbe accompagnarsi all'artista nelle sue sortite e assistere di persona a questo giuoco continuo delle rifrazioni che l'Ardenghi "si diverte" a immettere sulla tela. E, in effetti, a prima vista di divertissement sembra trattarsi. Ma ad una riflessione più profonda l'interesse si accresce, non fosse altro che per vedere quando, come e dove (il perché lo lasciamo agli psicanalisti) avviene questa sorta di tremblément narrativo, che Ardenghi ottiene lavorando come in una incisione grafica, ricchissima di scansioni e di effetti, accompagnata da empiture di colore, sempre diverse nei toni, ma che riassumono e contengono il centellinato, annervante percorso paesaggistico. Per parlare di Piero Ardenghi, dunque, occorre essere stati con lui, a tela vergine, sul posto, mentre situati gli attrezzi del mestiere nei punti deputati, il dipintore attende che tra lui e la tela si crei una sorta di campo magnetico. I segni che Ardenghi pone sull'opera in facimento sembrano risentire del pennino di un rilevatore sismografico: e i colori che s'insinuano tra l'inciso e la tela si offrono docili alle norme, pur canoniche, (e dunque emozionali) della prospettiva. Ne nascono composizioni in cui la fruizione, anzi il godimento ambientale è pari alla risonanza magnetica che attraversa l'estensione segno-colore delle opere. L'intrico che ne sorte, oltre che originale e dunque foriero di una innegata unicità di linguaggio (chi non distinguerebbe fra mille una tela di Piero Ardenghi?), costituisce la chiave di volta di una lettura del circostante che offre luogo ad interpretazioni non contrappositive, (comeaccade tra figurativo e astrazione). L'interpretazione del paesaggio data dal pittore grossetano apre la porta a dieci, cento, mille rifrazioni del tessuto narrativo, senza che il narrato cambi nella sua identità latitudinale e meteorologica. Il quartiere antico della città o l'ansa di mare che accoglie calme barche dormienti: miriade di segnazioni che offrono al paesaggio una magnitudo espressiva, un racconto visivo immediato nelle sue ortogonie, che pure sono tecnicamente soggette ad un processo di continua rifrazione "che annulla ogni certezza" e nello stesso momento offre di continuo nuove certezze. Non si può dire che, una volta calmato sulla tela il sisma compositivo, il transfert geografico-ambientale non risulti perfetto. E per paradosso, infine, si deve parlare di morfologie diverse pur non variando la latitudine del narrato. La prova del nove è il prodotto finale.
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Donat Conenna |
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